Pace in piazza, ambiguità al potere. Il Governo risponde senza impegnarsi
La riflessione di Cosimo Mimmo Panaro
In tutta Italia, come in molte altre parti del mondo, migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere la fine della violenza a Gaza e per invocare una pace giusta e duratura. Le manifestazioni hanno visto una partecipazione massiccia e trasversale, coinvolgendo cittadini, movimenti pacifisti, associazioni, reti sociali e buona parte delle opposizioni politiche. La società civile ha fatto sentire la propria voce, riempiendo le strade con una richiesta chiara: basta guerra, basta violenza, serve una soluzione politica che riconosca i diritti dei popoli e tuteli la dignità umana.
In questo contesto, l’assenza del governo Meloni è risultata evidente. Nessuna rappresentanza istituzionale ha preso parte alle manifestazioni, segnando una distanza netta tra le scelte dell’esecutivo e il sentire di una larga parte della popolazione. Eppure, di fronte al clamore e alla pressione dell’opinione pubblica, il governo ha reagito annunciando il riconoscimento dello Stato di Palestina, ma con due condizioni: il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas e l’esclusione del movimento da qualsiasi dinamica futura di governo all’interno dello Stato palestinese.
Questa presa di posizione è apparsa a molti come una manovra politica, più che un reale passo verso la pace. Una mossa calibrata per indebolire l’iniziativa delle opposizioni, allentare la pressione delle piazze e mostrare una certa coerenza con altri Stati europei, pur senza assumere un impegno concreto. Le condizioni poste sebbene legittime in teoria appaiono irrealistiche nel contesto attuale, soprattutto alla luce della posizione rigida e intransigente di Hamas, che non mostra alcuna intenzione di negoziare sul rilascio degli ostaggi né di cedere spazio all’interno del proprio controllo territoriale. Il risultato è un annuncio che sembra più utile a guadagnare tempo che a costruire un processo politico reale.
Nel frattempo, la presidente del Consiglio ha definito la Flottiglia per Gaza un’iniziativa irresponsabile, liquidandola come un atto velleitario e perfino pericoloso, accusando parte del movimento pacifista di creare strumentalizzazioni contro il governo. L’attenzione dell’esecutivo si è concentrata solo su alcuni episodi di tensione avvenuti a Milano, usati come pretesto per screditare l’intero movimento. In questo modo, si è cercato di oscurare il significato profondo e pacifico delle manifestazioni, ignorando le decine di città in cui tutto si è svolto con ordine, consapevolezza e impegno civile.
Emblematica è stata la manifestazione a Monopoli, alla quale hanno partecipato anche cittadini dei comuni limitrofi come Castellana, Fasano, Polignano a Mare e Conversano. L’evento si è svolto in modo completamente pacifico, coinvolgendo associazioni, movimenti per la pace e consiglieri di opposizione, con un’assenza totale da parte del governo. Un gesto chiaro che conferma come anche nei territori meno centrali esista una forte sensibilità verso la questione palestinese e una chiara volontà di impegnarsi per un futuro di giustizia e convivenza.
Queste manifestazioni hanno aperto nuove riflessioni sul piano politico. Il malcontento non riguarda soltanto l’attuale guerra in Medio Oriente, ma tocca un sentimento più ampio di incertezza globale. Il mondo sembra travolto da crisi simultanee: guerre, disastri ambientali, instabilità economiche e sociali. L’idea stessa di progresso e crescita appare messa in discussione, mentre si fa strada una sensazione di precarietà permanente. Di fronte a tutto questo, è lecito domandarsi: che futuro stiamo costruendo? Per chi? E con quali garanzie?
La risposta non è semplice, ma un punto fermo rimane: dove la politica sembra muta o calcolatrice, la società civile continua a parlare. E anche se non bastano le manifestazioni a cambiare il mondo, sono proprio queste mobilitazioni a tenere viva la possibilità di un’alternativa, a riaffermare il diritto alla pace e a ricordare che la democrazia non si esaurisce nelle urne, ma si esercita ogni giorno.