Monopoli: il 5 maggio di tutte e di tutti

Sindacati e professori accettino la sfida più importante: quella della solidarietà sociale.

Il 5 maggio 2015 può essere il giorno della svolta. O quello dell’inizio dell’inarrestabile deriva dei diritti fondamentali. Sarà comunque un bivio.

Per la prima volta dopo tantissimo tempo, i principali cinque sindacati della scuola (Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda) hanno indetto congiuntamente uno sciopero generale contro il ddl “La buona scuola” del Governo Renzi. Data fortemente simbolica, data la coincidenza con lo svolgimento delle famigerate prove Invalsi per la scuola primaria, poi rinviate al 6 e 7 maggio (dall’Istituto Invalsi stesso e non dal Ministero, dinamica quantomeno “dubbia”) scatenando la reazione dei sindacati, che accusano il governo di voler indebolire la manifestazione.

Piccoli accorgimenti che evidenziano come lo stesso Renzi tema la piena riuscita dello sciopero generale.

Partiamo da un presupposto: la scuola pubblica, con particolare riferimento alla categoria dei professori, è uno degli ultimi settori, complessivamente maltrattati ma più tutelati di altri, in grado di far squadra e realizzare uno sciopero generale degno di tale nome. La “tutela” di cui i docenti godono, e che viene fortemente toccata nel ddl proposto dal governo, è la scintilla che fa scattare la molla della reazione. Tale forma di tutela è stata però, nel corso di questi anni, la ragione che ha reso questa categoria la più forte forza conservatrice che ha facilitato il progressivo indebolimento della scuola pubblica, contestato con forza dagli studenti e dagli insegnanti precari, ma non con altrettanta decisione da insegnanti di ruolo, dirigenti della scuola, sindacati di categoria.

Toccato questo punto, i sindacati hanno avuto gioco facile nell’indire uno sciopero che, probabilmente, raggiungerà numeri molto importanti in un periodo (maggio) tradizionalmente complicato per iniziative di questo tipo.

Il progressivo smantellamento della formazione pubblica e l’importanza che la scuola riveste nel processo di crescita di un Paese, sono temi che esigono che lo sciopero raggiunga adesioni importanti.

Ma il tema centrale, oltre i superpoteri del dirigente e l’albo provinciale dei professori, è più ampio di quanto, spesso, ci viene raccontato. E’ la trasformazione della scuola in azienda, con un complessivo abbattimento della qualità della formazione e significative disparità territoriali, in base agli sponsor privati che ciascuna scuola riesce a trovare. E sono le tredici deleghe in bianco che il governo vuole avocare a se stesso.

Il 5 maggio non può essere quindi, solo e semplicemente, il giorno della difesa della scuola.

Il 5 maggio deve diventare la data della sottoscrizione di un nuovo patto sociale. O così, o si muore. Lo ha scritto la FIOM (1), lo stanno gridando gli studenti (2).

Deve rinascere un nuovo fronte sociale, basato sul cooperativismo, per cui chi è in grado di sviluppare organicamente azioni più incisive debba poter lavorare anche per i settori professionali naturalmente più frammentati, ricevendone a sua volta il sostegno.

Sull’egoismo individualista e sulla gelosia classista il governo Renzi sta costruendo l’intero processo di smantellamento del Paese. Nei flash-mob del 23 aprile non sono mancati i commenti, non solo dei meno informati, che leggevano la mobilitazione dei prof come una reazione al fatto che venissero toccati i propri, pur deboli, privilegi. Di fatto, in qualche modo, legittimando mentalmente l’azione del governo.

L’unica possibile reazione a questa dinamica è il prendersi per mano superando, tra l’altro, le antiche differenziazioni sociali. Il settore sindacale della conoscenza accetti la sfida e, in nome dei propri, rivendichi il diritto degli operai, dei precari, dei piccoli imprenditori, degli studenti.

Contro la rivoluzione della contrattualistica professionale, con l’assunzione della precarietà come stile di vita attraverso il Jobs Act.

Contro l’indebolimento dei principali centri di formazione e di conoscenza, scuole, università e centri di ricerca.

Contro la precarietà della vita, innestata in una società senza paracadute.

Lo hanno gridato, inascoltati, in questi anni gli studenti, gli ultimi a realizzare manifestazioni nazionali degne di essere considerate tali. Lo sta chiedendo a gran voce la Fiom, aderendo a uno sciopero di cui, organicamente, non dovrebbe far parte.

La solidarietà sociale è l’unica possibile risposta alla crisi democratica, sociale, culturale e politica del Paese. Oltre il 5 maggio, c’è la notte.  

Qualcuno lo spieghi al mio professore.

Sottoscritto da:

AltraPolis – Laboratorio Urbano di Cittadinanza Attiva

Unione degli Studenti – Monopoli

Movimento manisporchelaboratorio di progettazione per il territorio