Monopoli: “le mura del pianto” …….

satiraTutto ha avuto inizio il 9 settembre scorso quando sono comunciati i lavori di allestimento di PhEST, Festival internazionale della fotografia che si svolgerà a Monopoli dal 15 settembre al 30 ottobre. L’evento, che sarà presentato domani alla Fiera del Levante del presidente della Regione Puglia, è sicuramente di quelli a forte richiamo e pertanto non può che far piacere alla città ospitante. Nonostante le buone premesse, tuttavia, la partenza del PhEST non è stata delle migliori, causando addirittura una divisione in fazioni che ha spaccato in due il paese. Ma cosa è successo? Quasi contestualmente all’inizio dei lavori il sig. Paolo Leoci, già esponente politico della passata amministrazione Romani, ha scattato la foto riportata da questa testata, che peraltro ha fatto il giro dei social, dichiarando “avrei voluto aspettare a diramare il comunicato in attesa di recuperare il cartaceo per appurare la questione, però, visto che il Consigliere Delegato alla Cultura dall’Amministrazione Comunale (N.B. Giorgio Spada) , ha dichiarato a me di persona e sui giornali che l’intervento di affissione dei pannelli alle mura di Porta Vecchia è autorizzato e gode di tutti i pareri, è il caso di chiedere spiegazioni sull’opportunità dal punto di vista politico di mettere dei pannelli nel luogo più rappresentativo della nostra città, così da deturpare il paesaggio, coprire le storiche mura e finanche rovinarle con l’utilizzo di trapano per fare buchi necessari ad istallare chiodi con fasce in legno. Ribadisco, qualora fosse ancora necessario, che la mia denuncia non riguarda la manifestazione fotografica per cui i pannelli sono affissi ma solo le ragioni anzi dette. E pensare che dall’Amministrazione mi sarei aspettato un intervento diverso su quelle mura, magari l’eliminazione delle piante erbacee e soprattutto arbustive che negli anni con l’apparato radicale le stanno penetrando con il rischio di devastarle. È necessario non tacere, anche per evitare che nel silenzio più assordante, quel luogo in futuro possa essere nuovamente violentato ed impegnato come supporto a pannelli pubblicitari, invece di essere valorizzato e custodito come cartolina della nostra città che tutti ci invidiano! La mia denuncia è ulteriormente spinta dal fatto che nel silenzio, da cittadino di Monopoli, anch’io ho contribuito con le casse comunali a questo scempio”. Queste le parole di Leoci che, com’è evidente, non entrano nel merito del giudizio relativo alla manifestazione, ma evidenziano preoccupazioni relative ad un eventuale possibile danneggiamento delle mura di cinta del ‘500. La foto non tarda a fare il giro del web, scatenando le reazioni più disparate, da chi grida all’orrore per quanto fatto, a chi invece difende la manifestazione, a chi in un primo momento si dice inorridito, ma poi cambia idea mitigando la sua posizione. Non tardano ad arrivare le rassicurazioni di Giorgio Spada che, spiega: “l’iniziativa ha ottenuto l’approvazione della giunta, il parere favorevole dell’Autorità Portuale, della Capitaneria di Porto e della Soprintendenza, che tra l’altro – aggiunge – è stata affascinata da questo progetto. Quelli affissi non sono banner pubblicitari e i trapani sono serviti solamente per creare fori all’interno di guide in legno. Le mura non vengono intaccate, perché i chiodi sono stati inseriti nelle fughe, tra i blocchi di pietra. E poi la Soprintendenza ha già spiegato come intervenire dopo la rimozione dei manifesti, ripristinando tutto con l’utilizzo di una malta particolare. Sulla questione – conclude il delegato- si sta solo sollevando un polverone inutile”. Lo stesso organizzatore Giovanni Troilo spiega: “L’allestimento è temporaneo ed è stato fatto seguendo i consigli delle autorità competenti. Dopo la mostra non vi sarà alcuna traccia. Si tratta di una mostra vera e propria, non di affissioni pubblicitarie come qualcuno inizialmente ha pensato siamo così invasi dalle affissioni e così poco abituati a mostre all’esterno aperte a tutti …”. Entrare obiettivamente nel merito della vicenda non è facile, perché ogni posizione è relativa e di conseguenza lecita anzi, sta proprio qui, a mio parere l’aspetto negativo della questione poiché dai commenti raccolti sul web si è avuto modo di registrare una quasi totale intolleranza da parte dei sostenitori di quanto realizzato, nei confronti di chi non condivide quell’allestimento, quasi come se dei cittadini non avessero più il diritto di non approvare le scelte adottate. Perché? Come mai tutta questa intolleranza accompagnata da commenti quali “tanto a Monopoli si critica sempre”, “mi vergogno dei miei concittadini”, quasi come se chi si preoccupava giustamente, magari anche non conoscendo nel merito la vicenda, per quello scorcio tanto cari ai monopolitani, fosse un troglodita che non ama la cultura…. Beh la cultura prevede anche apertura mentale, rispetto delle voci di dissenso e soprattutto informazione, l’unica in grado di combattere posizioni riduttivistiche quali quelle assunte da chi, troppo semplicisticamente, giustifica quanto fatto dicendo “si grida allo scandalo e poi non ci indigniamo per Palazzo Palmieri o Casa Santa (N.B. non di proprietà del Comune)”. Ironizzare su timori legittimi è, a mio parere, un atteggiamento censurabile:i timori, nel caso specifico, non sono per il rischio di danneggiare i fori dei moschetti (come qualcuno ha scritto), ma per una società in cui si è pronti a denigrare opinioni come questa che riportiamo: “La mia opinione sulle mura di cinta della Portavecchia: quelle mura sono di per sé un monumento … sono le vestigia di un passato che racchiudono fatti e avvenimenti che, riesumati, arricchirebbero Monopoli … Chi mai penserebbe di coprire il Colosseo con cartelloni! A Monopoli anche ciò che dovrebbe essere ritenuto sacro diventa spazio da utilizzare”. Nell’unirci agli auspici di un buona manifestazione, che seguiremo nello specifico della stessa, ci preme comunque ricordare a tanti monopolitani che la democrazia prevede voci di dissenso che vanno rispettate, e un paese emancipato non è quello in grado di produrre grandi eventi, ma quello di garantire la pluralità di opinione.

L’antipatico