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Oleodotto a Monopoli: senza trasparenza nessun progetto è sostenibile

La riflessione di Cosimo Mimmo Panaro

C’è una parola che dovrebbe guidare ogni grande trasformazione urbana, infrastrutturale o ambientale: fiducia. E la fiducia, si sa, non si impone né si pretende: si costruisce, giorno dopo giorno, attraverso la trasparenza, l’ascolto e la condivisione delle decisioni che incidono sul futuro di una comunità.
Il caso dell’oleodotto progettato da Magazzini Generali Italiani (MGI) a Monopoli mette questa parola fiducia in seria discussione. Non per il contenuto tecnico del progetto, che merita certamente un’analisi seria, né per i suoi potenziali benefici, che esistono e devono essere valutati con attenzione. Ma per il metodo con cui l’intera vicenda è, finora, stata gestita.
Un’infrastruttura che attraversa aree urbane, che tocca la viabilità cittadina, che incide sulla vivibilità, sul paesaggio e sull’equilibrio ambientale, non può essere presentata ai cittadini attraverso i giornali, come se fosse un annuncio pubblicitario. Nessuno mette in discussione la legittimità della proposta privata, ma è dovere dell’amministrazione pubblica garantire che su decisioni di questo calibro ci sia partecipazione vera. È una questione di democrazia, prima ancora che di opportunità.
Non è solo questione di oleodotto,oggi è un oleodotto,domani potrebbe essere un impianto industriale, una lottizzazione edilizia, una grande opera portuale. Il punto non è il “cosa”, ma il “come”. E se il “come” diventa opaco, silenzioso, unilaterale, allora qualunque progetto anche il più moderno o ecologico perde forza, consenso e legittimità.
L’amministrazione comunale ha una responsabilità politica e morale: informare, spiegare, confrontarsi. Non farlo significa tradire il patto fiduciario con i cittadini. Non basta dire che il progetto è “strategico” o “green” per renderlo accettabile. Occorre dimostrarlo, aprendo spazi di discussione pubblica, coinvolgendo comitati, tecnici, ambientalisti, imprenditori, semplici residenti. Perché la sostenibilità vera è anche sociale e democratica, non solo ambientale.
Apriamo il confronto, prima che sia troppo tardi.
Il tempo per rimediare c’è. Ma occorre cambiare passo, subito. L’amministrazione comunale deve uscire dal silenzio e promuovere un confronto aperto, franco, pluralista. Anche perché ignorare o minimizzare il dibattito pubblico può portare non solo a proteste e ricorsi, ma a divisioni profonde all’interno della comunità.
Un’opera condivisa può diventare un’occasione di crescita. Un’opera imposta rischia di essere vissuta come una ferita. Oggi siamo ancora in tempo per evitare la seconda strada. Dipende dalla volontà politica di chi amministra questa città.

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