Monopoli, il “senegalese” e il problema dei clandestini

Il problema dei clandestini è una cosa seria, non roba da spot sui social e lo sanno molto bene gli uomini e le donne della Polizia di Stato che, avendo competenza in materia di immigrazione, affrontano ogni giorno centinaia se non migliaia di casi di irregolari sul nostro territorio da espellere. Nonostante quello che si potrebbe pensare, infatti, non è facile espellere dal territorio nazionale un soggetto clandestino, per una serie di fattori, da quelli burocratici, a quelli economici, per finire a quelli logistici. Per chi non conosce bene la materia è fin troppo semplice atteggiarsi da giustiziere sui social gridando all’inefficienza delle forze dell’ordine, ma cosa c’è dietro? La premessa è doverosa per tornare a rioccuparci dell’episodio del “senegalese” allontanato dalla scuola abbandonata a Monopoli tra proclami festanti inneggianti alla soluzione del problema, ma è davvero così? Chi è quel senegalese? Si chiamerebbe Mohammed, l’uso del condizionale è d’obbligo visto che è arrivato in Italia privo di qualsiasi documento di riconoscimento e quindi la sua identità è frutto delle foto segnalazioni da parte della Polizia di Stato. Mohammed, il “senegalese”, è destinatario di più di 10 ordini di rimpatrio, ma questo cosa significa? Che è un delinquente? Assolutamente no. E come mai si trova ancora in Italia e non è stato rimpatriato? Ed è proprio qui il nodo del problema, un nodo che ancora una volta non sarà sciolto al contrario di quanto qualcuno ha fatto intendere sui social, perché? Perché quando un clandestino viene “preso”, diciamo così, dalle forze dell’ordine, deve essere immediatamente comunicato all’Ufficio Immigrazione della Questura competente, che deve trovare posto all’interno di uno dei CPR presenti in Italia. Ma cosa sono i CPR? Gli attuali Centri per il rimpatrio (CPR) sono strutture detentive create nel 1998 con la denominazione di Centri permanenza temporanea (CPT) e operanti tra 2008 e 2017 con la denominazione di Centri di identificazione ed espulsione (CIE). La funzione di tali strutture è quella di “trattenere” gli stranieri destinati all’espulsione (o al respingimento) in attesa dell’esecuzione di tale provvedimento. E fin qui tutto bene, si potrebbe dire, e invece no, è proprio qui il nodo del problema poiché, se non vi dovesse essere posto nei CPR lo straniero riceve un nuovo ordine di espulsione e viene lasciato libero, collezionando, come nel caso di Mohammed, l’ennesimo ordine di espulsione. Come di può vedere, quindi, ai proclami fb non sempre segue la soluzione del problema e questo non per colpa degli uomini della Polizia di Stato di Monopoli che, peraltro, mi risulta abbiamo trattato con i dovuti modi il clandestino che ha seguito gli agenti di suo spontanea volontà e senza opporre resistenza, ma per colpa di chi, forse per l’ansia di rispondere alle sollecitazioni di qualcuno, ha posto in essere quello che esageratamente è stato definito “blitz” senza prima pensare alle conseguenze. Il problema “clandestini”, lasciatecelo dire, è una roba seria e per affrontarlo, forse è meglio prima confrontarsi con gli esperti del settore, perché, com’è facile che accada, Mohammed da oggi sarà di nuovo in giro a Monopoli. Infine, altro punto da chiarire poiché troppo facilmente si grida ai ritardi da parte degli interventi, è agevole pensare e comprendere che in piena emergenza da covid -19, con i detenuti autorizzati a lasciare le carceri, non senza polemiche, la priorità non fosse quella di sovraccaricare ulteriormente i CPR soprattutto se in presenza di soggetti non pericolosi socialmente. In questo caso, lasciatelo dire a chi come il sottoscritto ha lavorato per 14 anni in un Ufficio Immigrazione della Polizia di Stato, non si tratta di buonismo, parola ormai troppo inflazionata, ma di concretezza e la concretezza non sempre risponde alla sete di proclami.

Cosimo Lamanna

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